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Una storia criminale. No. Politica. Che vale la pena di ricostruire per capire cosa è successo nell’Italia della fine della Prima repubblica. Forse molti ricordano gli eccidi perpetrati dai criminali in divisa della UNO BIANCA, i fratelli Savi, che si susseguirono tra il 1987 e il 1994. Una lunga scia di sangue (82 delitti, 23 morti, centinaia di feriti) e un bottino di quasi due miliardi di lire, una tragedia che sembrava dovesse rimanere avvolta nel mistero. Con questo libro, adesso, possiamo capirne le ragioni.

A parlare e ricomporre tutta la vicenda, degna di un film trash (ma il dolore delle famiglie delle vittime è ben reale), è il pm che ha iniziato le indagini sfociate nei processi che hanno visto condannare i colpevoli rinunciando però a chiarire i moventi dei fatti. Concatenati l’uno all’altro, essi portano a una sola verità: l’azione criminale dei FRATELLI SAVI è stata eterodiretta, troppe armi, troppe munizioni, troppo sangue. A volte per un bottino di poche lire. Allora chi li proteggeva e perché? Spinosa documenta le voragini investigative, le bugie, i depistaggi operati dai Savi soprattutto in relazione ai rapporti che essi ebbero con la criminalità organizzata, cioè con la MAFIA catanese, con la CAMORRA cutoliana (che trattò con lo Stato per la liberazione di Ciro Cirillo) e casalese. E ricostruisce i numerosissimi interventi della FALANGE ARMATA, la misteriosa sigla che dal 1990 al 1995 segna ogni strage mafiosa e molti episodi misteriosi di quegli anni. Alla fine i nodi - che i processi non hanno voluto chiarire - vengono al pettine: l’arresto dei Savi è l’atto conclusivo di una STRATEGIA STRAGISTA di destabilizzazione di Cosa nostra e dei suoi referenti che finora nessuno aveva fatto emergere. Ce n’è abbastanza per riaprire un caso chiuso troppo in fretta.

 

 

 

spinosa.jpgGiovanni Spinosa è presidente del Tribunale di Teramo. In magistratura dall'81, agli uffici giudiziari bolognesi era arrivato nell'84, facendo il giudice istruttore fino all'87, per poi passare alla Procura. Da Giudice istruttore ha interrogato Totuccio Contorno insieme a Borsellino, da Pm ha lavorato con Giovanni Falcone al cosiddetto processo Rubino contro una banda di trafficanti di stupefacenti. Sempre nell'ambito della criminalità organizzata ha diretto l'inchiesta sulle bische che ha coinvolto Giacomo Riina e Livio Collina. Da fine anni '90 al 2004, oltre a seguire le inchieste sulle rapine nella ville del bolognese e sulla mancata scorta al professor Marco Biagi, il suo nome e' stato legato alle inchieste sul doping. La prima, partita nell'estate '98, quella dello scandalo doping Festina al Tour de France, ha portato alla condanna di un farmacista, e a quelle in primo grado del medico sportivo Michele Ferrari, preparatore tra gli altri di Lance Armstrong, poi assolto per prescrizione in appello. Dal 2004 si e' trasferito a Paola, dove come presidente della sezione penale ha condotto importanti processi contro la 'Ndrangheta. Per il suo impegno nella lotta alla criminalità organizzata nel 2007 ha vinto il Premio dedicato alla memoria di Giovanni Losardo, militante comunista, amministratore del comune di Cetraro e segretario capo della Procura di Paola, assassinato dalla mafia il 21 giugno 1980. È stato titolare dell’indagine sui crimini della Uno bianca.