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“Licenziata!” è un documentario dedicato alla vicenda dell’Omsa, la fabbrica faentina che ha deciso di chiudere il proprio stabilimento romagnolo per aprirne un altro in Serbia, licenziando circa 350 operai, di cui ben 320 donne, quasi tutte oltre i 45 anni di età.

“Licenziata!” è prodotto, in collaborazione con il Teatro Due Mondi di Faenza (l'importante esperienza teatrale di Faenza), da Sunset, la giovane cooperativa forlivese di produzione cinematografica e documetaristica, di comunicazione e formazione, nata due anni fa e già premiata, grazie ai documentari prodotti, in diversi festival nazionali e internazionali. “Licenziata!”, scritto dai forlivesi Lisa Tormena, Matteo Lolletti e Michelangelo Pasini per la regia di Lisa Tormena (vincitrice, tra gli altri riconoscimenti ottenuti, del Premio Ilaria Alpi nel 2009 e del Premio Fedic al Sedicicorto International Film Festival del 2010), data l’inizio delle riprese al 2010, ossia agli inizi della vicenda, e racconta, in maniera inusuale, le modalità – soprattutto quelle inedite sperimentate con il Teatro Due Mondi – con cui le coraggiose e battagliere operaie dell’Omsa hanno deciso di rispondere alla perdita di un diritto: il lavoro. Il documentario si sviluppa, infatti, accompagnando le donne nel quotidiano e seguendole nei laboratori teatrali con cui hanno raccontato loro stesse, la fabbrica, il dramma della perdita del lavoro ed il momento in cui attorno a loro ha cercato di stringersi un intero mondo.

 

La serata vedrà la partecipazione oltre che delle operaie dell’Omsa anche delle rappresentanti del movimento “Se non ora quando?” di Bologna.

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Il movimento “Se non ora quando?” è un gruppo di donne diverse per età, professione, provenienza, appartenenza politica e religiosa. Raccolgono appartenenti ad associazioni e gruppi femminili, donne indipendenti del mondo della politica, dei sindacati, dello spettacolo, del giornalismo, della scuola e di tutte le professioni. Se Non Ora Quando è un movimento trasversale, aperto e plurale.

Il 13 febbraio hanno lanciato un appello per reagire al modello degradante ostentato da una delle massime cariche dello Stato, lesivo della dignità delle donne e delle istituzioni. Oltre un milione di persone, donne e uomini insieme, si sono riversate nelle piazze di tutta Italia e di molti paesi del mondo, convocate al grido “Se non ora, quando?”, a cui hanno risposto: “Adesso!”.

Hanno detto e continuano a dire con tutta la loro voce che l’Italia non è un paese per donne. Loro vogliono che lo sia.

In Italia la maggioranza delle donne lavora fuori o dentro casa, crea ricchezza, cerca un lavoro (e una su due non ci riesce), studia, si sacrifica per affermarsi nella professione che si è scelta, si prende cura delle relazioni affettive e familiari, occupandosi di figli, mariti, genitori anziani.

Tante sono impegnate nella vita pubblica, in tutti i partiti, nei sindacati, nelle imprese, nelle associazioni e nel volontariato allo scopo di rendere più civile, più ricca e accogliente la società in cui vivono. Hanno considerazione e rispetto di sé, della libertà e della dignità femminile ottenute con il contributo di tante generazioni di donne che – va ricordato nel 150esimo dell’Unità d’Italia – hanno costruito la nazione democratica.

Questa ricca e varia esperienza di vita è cancellata dalla ripetuta, indecente, ostentata rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale, offerta da giornali, televisioni, pubblicità. E ciò non è più tollerabile.

Una cultura diffusa propone alle giovani generazioni di raggiungere mete scintillanti e facili guadagni offrendo bellezza e intelligenza al potente di turno, disposto a sua volta a scambiarle con risorse e ruoli pubblici.

Questa mentalità e i comportamenti che ne derivano stanno inquinando la convivenza sociale e l’immagine in cui dovrebbe rispecchiarsi la coscienza civile, etica e religiosa della nazione.

Così, senza quasi rendercene conto, abbiamo superato la soglia della decenza.

Il modello di relazione tra donne e uomini, ostentato da una delle massime cariche dello Stato, incide profondamente negli stili di vita e nella cultura nazionale, legittimando comportamenti lesivi della dignità delle donne e delle istituzioni.

Chi vuole continuare a tacere, sostenere, giustificare, ridurre a vicende private il presente stato di cose, lo faccia assumendosene la pesante responsabilità, anche di fronte alla comunità internazionale.

Il movimento chiede a tutte le donne, senza alcuna distinzione, di difendere il valore della propria dignità e dicono agli uomini: se non ora, quando? è il tempo di dimostrare amicizia verso le donne.